“Le stazioni appaltanti ricorrono alle procedure di cui al presente articolo solo nei casi in cui l’elemento tecnologico ed innovativo delle opere oggetto dell’appalto sia nettamente prevalente rispetto all’importo complessivo dei lavori, prevedendo la messa a gara del progetto esecutivo” (art. 28, ultimo comma, D.Lgs. 50/2016)
“Divieto assoluto di appalto integrato”, “Stop all’appalto integrato”, “Addio all’appalto integrato”.
Queste le frasi ad effetto dei commentatori del nuovo Codice che si sono soffermati, in particolare, sulla definizione di “appalti pubblici di lavori” data dall’art. 3, co. 1, lett. ll), D.lgs. 50/2016.
La legge delega (cfr. art. 1, co. 1, lett. oo), L. 11/2016) imponeva espressamente di valorizzare la fase progettuale negli appalti pubblici e nei contratti di concessione di lavori anche “limitando radicalmente il ricorso all’appalto integrato, tenendo conto in particolare del contenuto innovativo o tecnologico delle opere oggetto dell’appalto o della concessione in rapporto al valore complessivo dei lavori e prevedendo di norma la messa a gara del progetto esecutivo” e con l’“esclusione dell’affidamento dei lavori sulla base della sola progettazione di livello preliminare”.
E, infatti, l’art. 28, ultimo comma, D.lgs 50/2016 ammette l’appalto integrato – avente ad oggetto non solo l’esecuzione dei lavori ma anche la redazione della progettazione esecutiva [esecutiva e non anche definitiva!] – qualora si tratti di un contratto misto di appalto e l’elemento tecnologico ed innovativo delle opere oggetto dell’appalto sia nettamente prevalente rispetto all’importo complessivo dei lavori.
La Stazione Appaltante pone, quindi, a base di gara il proprio progetto definitivo richiedendo ai concorrenti l’offerta economica e la progettazione esecutiva in quanto l’aggiudicatario resta obbligato a provvedervi prima dell’esecuzione.
L’intento del legislatore della Riforma è evidentemente quello di consentire alle imprese, in caso di opere di particolare complessità esecutiva per l’elemento tecnologico o innovativo che le contraddistingue, di apportare dei miglioramenti al progetto definitivo.
A ben vedere niente di nuovo: già la cd. legge Merloni (L. 109/1994) limitava il ricorso all’appalto integrato a casi ben precisi e a ragion veduta dal momento che l’appalto integrato configura una deroga a quello che è uno dei principi cardine della disciplina generale sui lavori pubblici: la separazione fra le attività di progettazione e quelle di esecuzione.
Analogamente al nuovo Codice, l’art. 19, co. 1, lett. b), L. 109/1994 consentiva l’appalto integrato – gara sul progetto definitivo – solamente nei casi di in cui la “componente impiantistica o tecnologica” avesse una incidenza sui lavori superiore al 60{762847985c7c6f4b77af472e9a7a81d0e2f691b9e16681b9c949c66471270426} del valore dell’opera ovvero qualora tali lavori riguardassero la “manutenzione”, il “restauro” e gli “scavi archeologici” e, successivamente, la L. 166/2002 aveva esteso l’ambito di operatività dell’istituto, di fatto liberalizzandolo, seppur nei limiti di importo, massimo e minimo, rispettivamente di 10 milioni di euro e di 200.000,00 euro.
La cd. legge Merloni (art. 20, co. 4, L. 109/1994) consentiva anche alla Stazione Appaltante – al ricorrere di determinate condizioni – di porre a base di gara il proprio progetto preliminare unitamente a un capitolato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle condizioni e dei requisiti tecnici inderogabili e l’aggiudicatario sviluppava la progettazione definitiva (cd. appalto concorso), anche se l’offerta aveva ad oggetto il progetto esecutivo e il prezzo.
Il cd. appalto concorso – in parte ancora previsto dal vecchio Codice all’art. 53, co. 2, D.lgs. 163/2006 dove però l’offerta aveva ad oggetto il progetto definitivo e il prezzo – nel nuovo Codice è definitivamente scomparso.