Sulla base dell’analisi normativa interna ed europea, e della cornice indirizzo politico-legislativo ad esse presupposta, il massimo consesso di giustizia amministrativa ha composto la querelle giurisprudenziale formatasi circa l’interpretazione dell’art. 95 commi 3 e 4.
Il collegio ha ritenuto di poter definire il rapporto tra i suddetti commi dell’art. 95 nel senso seguente:
- ai sensi del comma 2
le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia;
- il comma 3
pone invece una regola speciale, relativa tra l’altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo;
- per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate
si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l’elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata».
Nell’ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo art. 95, come nel caso che ha dato origine alla rimessione all’Adunanza plenaria, vi è un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l’uno o l’altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma.
Si pone quindi un conflitto (o concorso apparente) di norme, che richiede di essere risolto con l’individuazione di quella prevalente.
Il conflitto così prospettato non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente.
La soluzione ora espressa (di recente riaffermata dalla V Sezione di questo Consiglio di Stato, con sentenza 24 gennaio 2019, n. 605) è infatti conseguenza diretta di quanto rilevato in precedenza, e cioè del carattere speciale e derogatorio di quest’ultima regola rispetto a quella generale, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo.
La risposta fornita dal massimo consesso sembra, tra l’altro, coerente con la formulazione del comma 9-bis dell’art. 36 (appena introdotto ad opera del D.L. 32/2019 – decreto sblocca cantieri), che prevede (per i contratti di cui all’art. 36) l’obbligo di utilizzo del minor prezzo, salvo quanto previsto all’art. 95, comma 3.
Cons. St., A.P., 2 maggio 2019, n. 8 – Pres. Patroni Griffi, Est. Franconiero